17 Maggio 2021
Opere abusive e superamento soglia di tolleranza 2%
Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 3666 del 10 maggio scorso, ha fornito importanti chiarimenti in materia di abusi edilizi e sulla corretta applicazione del margine di tolleranza del 2% previsto dall’art. 34-bis del D.P.R. n. 380 del 2001 (Testo Unico Edilizia). Sul medesimo argomento si era espresso di recente anche il Tar del Lazio con la sentenza 4413/2021. Il caso oggetto del ricorso al Consiglio di Stato riguarda un immobile edificato alla fine degli anni ’60, che presenta difformità relative:
• alla planimetria dell’unità abitativa, rovesciata a specchio rispetto ad un ipotetico asse di simmetria;
• ad una diversa distribuzione degli spazi interni;
• ad una variazione della sagoma per un arrotondamento planimetrico, con conseguente emersione di una maggiore superficie abitabile.
La ricorrente aveva presentato richiesta di sanatoria delle opere eseguite in difformità, ai sensi degli artt. 34 e 36 DPR n. 380/01, rilevando il mancato superamento del margine di tolleranza indicato nell’art. 34, comma 2 ter, DPR n. 380/01, l’assenza di variazioni planimetriche e volumetriche successive all’epoca di realizzazione, la riconducibilità della maggiore superficie coperta e del conseguente volume alla variazione della sagoma, la corrispondenza tra la sagoma riportata nella planimetria catastale dell’immobile del 1971 e la sagoma effettivamente rilevata e oggetto di sanatoria, il rispetto della disciplina in materia di distanze tra fabbricati e dalle strade esistenti, nonché l’osservanza delle previsioni del DM Sanità del 5/7/1975 in relazione alle superfici di illuminazione e areazione. Il Comune aveva respinto la domanda, affermando che le difformità riscontrate superavano il 2% della volumetria assentita, ragion per cui le opere difformi avrebbero dovuto essere demolite, non costituendo la demolizione pregiudizio statico per le opere conformi.
Anche il Tar aveva rigettato il ricorso evidenziando che:
– gli interventi in contestazione, avevano determinato un consistente incremento della superficie utile e della cubatura dell’immobile in questione – in assenza di titolo edilizio, ragion per cui il provvedimento impugnato aveva correttamente qualificato l’intervento de quo come realizzato in difformità dalla licenza edilizia a suo tempo rilasciata ed in quanto tale insuscettibile di sanatoria, non sussistendo peraltro la doppia conformità;
– l’applicazione della sanzione pecuniaria, in luogo di quella demolitoria non poteva trovare applicazione per gli interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, quale doveva ritenersi quello realizzato nella fattispecie in esame, e sempre tenuto conto che, in ogni caso, la possibilità di sostituire la sanzione demolitoria con quella pecuniaria ai sensi dell’art. 34 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 avrebbe dovuto essere valutata dall’amministrazione competente nella fase esecutiva del procedimento repressivo edilizio.
Il Tar, quindi, aveva rigettato il ricorso non solo dando atto del superamento del margine di tolleranza, ma anche rilevando che nella specie le opere edilizie abusive non potevano ritenersi mere variazioni parziali, in ragione del consistente aumento di cubatura e di superficie utile.
Secondo i giudici del Consiglio di Stato, invece, una volta rilevato il superamento del margine di tolleranza del 2%, al fine di valutare la fattispecie concreta in termini di variazione essenziale, sarebbe stato necessario motivare la consistenza dell’abuso commesso, tenuto conto che, secondo la giurisprudenza, “il concetto di parziale difformità presuppone che un determinato intervento costruttivo, pur se contemplato dal titolo autorizzatorio rilasciato dall’autorità amministrativa, venga realizzato secondo modalità diverse da quelle previste e autorizzate a livello progettuale, quando le modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell’opera; mentre si è in presenza di difformità totale del manufatto o di variazioni essenziali, sanzionabili con la demolizione, quando i lavori riguardino un’opera diversa da quella prevista dall’atto di concessione per conformazione, strutturazione, destinazione, ubicazione”. Accertamento che non è stato condotto dal Comune e, dunque, il diniego di sanatoria era incentrato sul mero riferimento al margine di tolleranza del 2%.
Il Consiglio di Stato, in conclusione, ha accolto il ricorso sottolineando che il Tar avrebbe comunque dovuto ravvisare l’illegittimità della decisione amministrativa, non essendo uno scostamento dalle misure di progetto superiore al margine di tolleranza del 2% di per sé sufficiente a giustificare l’integrazione della fattispecie di cui all’art. 32 DPR n. 380/01, ai fini della comminatoria della sanzione demolitoria.