24 Agosto 2017
Terre e rocce da scavo, cosa cambia con il nuovo Regolamento
Dal 22 agosto scorso è entrato ufficialmente in vigore il Dpr 120/2017 che riordina e semplifica la disciplina della gestione delle terre e rocce da scavo. Il decreto, pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale» del 7 agosto scorso, attua la delega contenuta nell’articolo 8 del Dl 133/2014. E’ definito di grandi dimensioni il cantiere in cui sono prodotte terre e rocce superiori a 6mila metri cubi, calcolati dalle sezioni di progetto nel corso di attività o di opere soggette a procedure di valutazione di impatto ambientale o ad autorizzazione integrata ambientale. Al di sotto del limite di 6mila metri cubi il cantiere è definito di piccole dimensioni.
In base a quanto previsto dal Dpr, affinché terre e rocce siano considerate sottoprodotti e non rifiuti, occorre che siano generate nella realizzazione di un’opera il cui scopo primario non è la produzione di tale materiale e utilizzabili senza trattamenti diversi dalla normale pratica industriale e, al contempo, soddisfino i requisiti di qualità ambientale che sono stati previsti dal nuovo Dpr. L’utilizzo inoltre deve essere conforme al piano o alla dichiarazione per l’utilizzo (piccoli cantieri) e si realizza: nel corso dell’esecuzione della stessa opera nella quale è stato generato o di un’opera diversa, per la realizzazione di reinterri, riempimenti, rimodellazioni, rilevati, miglioramenti fondiari o viari, recuperi ambientali oppure altre forme di ripristini e miglioramenti ambientali o in processi produttivi, in sostituzione di materiali di cava. Nei casi in cui le terre e rocce da scavo contengano materiali di riporto, la componente di materiali di origine antropica frammisti ai materiali di origine naturale non può superare la quantità massima del 20% in peso.
In tema di deposito intermedio delle terre e rocce da scavo, la durata del deposito non può superare il termine di validità del piano di utilizzo e può essere effettuato nel sito di produzione, nel sito di destinazione o in altro sito a condizione che rientri nella medesima classe di destinazione d’uso urbanistica del sito di produzione. L’utilizzo delle terre e rocce da scavo in conformità al piano di utilizzo o alla dichiarazione è attestato all’autorità e all’Agenzia di protezione ambientale competenti mediante la dichiarazione di avvenuto utilizzo. Il deposito intermedio delle terre e rocce da scavo qualificate sottoprodotti, non costituisce utilizzo.
Per le rocce e terre provenienti da piccoli cantieri, il produttore, qualora siano destinate a recuperi, ripristini, rimodellamenti, riempimenti ambientali o altri utilizzi sul suolo, deve dimostrare che non siano superati i valori delle concentrazioni soglia di contaminazione previsti e che non costituiscono fonte diretta o indiretta di contaminazione per le acque sotterranee. La sussistenza di tali condizioni è attestata dal produttore tramite una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà che assolve la funzione del piano di utilizzo. I tempi previsti per l’utilizzo delle terre e rocce da scavo come sottoprodotti possono essere prorogati una sola volta e per la durata massima di sei mesi, in presenza di circostanze sopravvenute, impreviste o imprevedibili.
Il decreto tuttavia presenta alcuni vistosi limiti: in particolare non contempla misure specifiche per i micro-cantieri, sostenute a suo tempo da ANAEPA-Confartigianato Edilizia e su cui la Commissione Ambiente della Camera aveva espresso parere favorevole, accogliendo la possibilità di introdurre una disciplina semplificata per la gestione di scavi di ridottissime dimensioni (nei quali sono prodotte terre e rocce da scavo in quantità non superiori a 300 metri cubi) che sono di gran lunga i più ricorrenti.