23 Febbraio 2021
Regolamento edilizio tipo e mancato recepimento: la pronuncia del CdS
In una recente sentenza, la n. 1339 del 15 febbraio scorso, il Consiglio di Stato ha accolto l’appello proposto dal Comune di Corato ed ha riformato la sentenza del Tar Puglia-Bari, concernente un annullamento in autotutela di una SCIA rilasciata in alternativa al permesso di costruire relativamente ad un intervento straordinario di demolizione e ricostruzione con bonus volumetrico ai sensi del piano casa Puglia, Legge regionale 14/2009. L’annullamento della Scia, secondo il Comune, era stato disposto poiché “il conteggio della volumetria era stato effettuato sulla scorta della definizione fornita dal RET Regolamento edilizio tipo regionale (definizione uniforme n. 46 “Volume edificabile”), che esclude dal conteggio stesso del volume edificabile le superfici accessorie (che non determinerebbero volumetria), le quali, invece, nella definizione del regolamento edilizio comunale sono incluse e avrebbero dovuto essere preventivamente esplicitate con atto deliberativo del Comune. Tali spazi si sarebbero dovuti quindi computare, giacché il Comune non aveva ancora adeguato al proprio Regolamento edilizio, che, dunque, costituiva ancora, in tesi, l’unico referente normativo in materia.
Di qui il ricorso al Tar, che aveva dato ragione all’impresa affermando che l’Ente avrebbe dovuto valutare l’intervento proposto dalla ricorrente alla luce delle definizioni contenute nel Regolamento edilizio-tipo. Ad avvalorare tale pronuncia, il Tar richiamava il parere della Regione Puglia del 4.3.2019: “i Comuni, in sede di recepimento del R.E.T., hanno il potere di individuare le superfici suscettibili di esclusione o meno dal calcolo della volumetria a fini edificabili”. In altre parole, soltanto nel momento in cui il Comune di Corato avrebbe adottato apposito atto di recepimento del R.E.T., avrebbe potuto esercitare i poteri riservati ad esso dalla disciplina regionale.
Ora il Consiglio di Stato ha rigettato il ricorso ritenendo che “in mancanza di una espressa previsione nella normativa di settore, non è possibile ritenere che il mancato rispetto di un termine – quello fissato per l’adeguamento del proprio Regolamento edilizio da parte del Comune -, che sembra chiaramente ordinatorio, possa avere effetti così radicalmente eversivi sulla autonomia pianificatoria degli enti locali”, che deriverebbero dall’ipotesi condivisa dal Tar nella sentenza impugnata.
La disciplina edilizia ed urbanistica dei Comuni pugliesi, conclude il Consiglio, resta (quanto meno in relazione al fondamentale dato del “dimensionamento urbanistico”) inalterata nelle more della modifica dei relativi strumenti di governo del territorio, procedimento cui gli Enti locali sono comunque tenuti al fine di pervenire ad un’armonizzazione del relativo contenuto con il R.E.T. recepito a livello regionale.
La stessa legge regionale n. 11 del 2017, pur ribadendo (all’art. 2, comma 1) il dovere dei Comuni di adeguare i propri regolamenti edilizi allo schema di R.E.T. recepito in sede regionale, precisa (art. 2, comma 4) infatti che “i Comuni procedono alla formulazione del regolamento edilizio in conformità con le definizioni uniformi, provvedendo a mantenere invariate le previsioni dimensionali degli strumenti urbanistici vigenti” ed aggiunge (art. 2, comma 5) che “i comuni possono procedere altresì all’adeguamento delle norme tecniche d’attuazione degli strumenti urbanistici generali vigenti alle definizioni uniformi, mantenendone invariate le previsioni dimensionali. La deliberazione del consiglio comunale non costituisce variante urbanistica”.