19 Settembre 2013

Massimo ribasso: costi del personale esclusi dalle gare

La pratica del massimo ribasso nelle gare di appalto è spesso origine di una situazione di forte disagio per le imprese edili. Il problema è avvertito soprattutto dalle piccole imprese che si trovano di fronte a riduzioni che possano arrivare anche al 40-50 per cento dei costi previsti per le opere senza alcun margine economico per sostenere le spese.

Il meccanismo del massimo ribasso con sconti altissimi pur di aggiudicarsi i lavori tende a penalizzare il sistema imprenditoriale sano e a danneggiare il comparto edile. Il rischio maggiore della rincorsa “al ribasso” per la riduzione dei costi è che non vengano garantite la qualità dei lavori, la sicurezza e i materiali, a danno dei lavoratori e del comparto nel suo complesso.

Su questa annosa questione è intervenuto recentemente il Decreto del Fare (Dl 69/2013) con l’introduzione del comma 7-bis all’art. 32: “il prezzo più basso è determinato al netto delle spese relative al costo del personale, valutato sulla base dei minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di settore tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, delle voci retributive previste dalla contrattazione integrativa di secondo livello e delle misure di adempimento alle disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”.

In base alle nuove disposizioni, il costo del lavoro non rientra più quindi nel gioco della concorrenza per le gare d’appalto, favorendo una maggiore trasparenza delle retribuzioni e incentivando forme di lavoro regolari. Sono emerse, tuttavia, criticità applicative per le stazioni appaltanti all’indomani dell’entrata in vigore della norma: proprio al fine di evitare un allungamento dei tempi di aggiudicazione e la complicazione delle procedure, sono attese indicazioni in merito da parte dell’Autorità di vigilanza.

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