12 Aprile 2018

Cambio d’uso, limitati i poteri delle Regioni

La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittime alcune disposizioni contenute all’interno della legge della Regione Umbria 21 gennaio 2015, n. 1 (Testo unico governo del territorio e materie correlate), i cui principi si possono estendere anche alle altre Regioni, frenando così le autonomie in materia urbanistica. La sentenza della Corte (n. 68/2018 depositata il 5 aprile 2018) arriva a seguito del ricorso presentato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri nell’aprile 2015 che aveva posto in dubbio la legittimità costituzionale di alcune norme della legge urbanistica umbra relative a lavori interni e cambi di destinazione.

Nello specifico, secondo la Corte, è illegittima la norma (articolo 118, comma 1, lettera e), della suddetta legge regionale, che non contempla l’obbligo di comunicazione di inizio dei lavori asseverata (Cila) per opere interne alle unità immobiliari, compresa l’apertura di porte interne o lo spostamento di pareti interne sempre che non riguardino le parti strutturali dell’edificio. La disposizione regionale è infatti in contrasto con il Testo unico edilizia (DPR 380 del 2001), che sottopone tali lavori alla Cila.

Sono altresì illegittime le norme regionali (articoli 258 e 264, comma 13) che introducono ipotesi di condono edilizio straordinario, non previsto dalla legge statale. È poi illegittima la previsione regionale all’art. 59, comma 3 che consente la realizzazione, in assenza del piano attuativo, quando quest’ultimo sia obbligatorio, di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di restauro e risanamento conservativo, nonché di ristrutturazione edilizia, senza limitazioni, prevedendo che tali interventi possano «comportare anche la modifica della destinazione d’uso in atto in un edificio esistente nell’ambito dell’insediamento, purché la nuova destinazione d’uso risulti compatibile con le previsioni dello strumento urbanistico generale». Una simile previsione si porrebbe in contrasto con il Testo Unico che limita la possibilità di modificare la destinazione d’uso.

Sono illegittime le norme (articoli 147 e 155 e dell’art. 118, comma 2, lettera h) che definiscono gli interventi di mutamento di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante e identificano i titoli abilitativi necessari e le sanzioni da irrogare nel caso di violazione, invadendo la potestà legislativa statale. La legge umbra prevedeva l’accorpamento delle variazioni d’uso in solo tre classi (sono 5 nella legge statale), con l’illegittima esclusione della «rilevanza urbanistica» dei mutamenti di destinazione d’uso interni alle categorie funzionali accorpate e, quindi, della loro assoggettabilità a titoli abilitativi.

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