15 Ottobre 2013
Terre e rocce da scavo. Intervengono le Regioni
Dal 21 agosto 2013 è nuovamente cambiata la normativa di riferimento per il riutilizzo dei materiali da scavo di tutti i cantieri (piccoli compresi): le nuove disposizioni, contenute nell’articolo 41-bis del “Decreto del fare” convertito nella legge 98/2013, hanno circoscritto esplicitamente l’ambito di applicazione del D.M. 161/2012 (Regolamento recante la disciplina dell’utilizzazione dei materiali da scavo) solo alle terre e rocce che provengono da attività o opere soggette a valutazione d’impatto ambientale (VIA) o ad autorizzazione integrata ambientale (AIA), ovvero da “grandi opere”.
Resta il nodo della gestione dei materiali provenienti da scavi non soggetti a VIA o AIA, su cui ANAEPA-Confartigianato Edilizia si era a suo tempo attivata per evitare che le complesse e antieconomiche procedure individuate dal D.M. 161 si applicassero anche alle terre prodotte da cantieri fino a seimila metri cubi (in coerenza con quanto già previsto dall’art. 266, co. 7 del TU Ambientale D.Lgs. 152/2006).
In mancanza di chiarimenti da parte del legislatore e alla luce delle incertezze interpretative generate dall’art. 41 bis e, diverse Regioni (Marche, Toscana, Veneto, Piemonte e Trento) hanno predisposto una propria modulistica con appositi modelli di autocertificazione per la gestione delle terre e rocce da scavo come sottoprodotto.
In base all’articolo richiamato in precedenza, infatti, i materiali da scavo, cui non si applichi il D.M. 161, sono sottoposti al regime di cui all’articolo 184-bis del D. Lgs. 152/2006 (quindi al regime dei sottoprodotti e non a quello dei rifiuti) a condizione che il produttore attesti, attraverso una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà (ai sensi del DPR 445/2000) alle sedi ARPA territorialmente competenti, alcune condizioni fondamentali, quali, ad esempio, la destinazione di riutilizzo delle rocce e terre da scavo sia certa e determinata, anche presso più siti; il rispetto delle concentrazioni soglia di contaminazione compatibili con il sito di destinazione e l’assenza di contaminazione per le acque di falda; la quantità di materiali destinati al riutilizzo, il sito di deposito e i tempi previsti per il riutilizzo.